giovedì 10 aprile 2014

Davanti a un fiume in piena #6
ospiti al PAV Parco Arte Vivente
6 Aprile 2014



 Domenica 6 aprile, a partire dalle ore 15,


il sesto appuntamento di "Davanti a un fiume in piena" è ospitato  nell’ambito delle Attività Educative e Formative del PAV - Centro Sperimentale d'Arte Contemporanea in Via G. Bruno 31 a Torino,

Si tratta di un momento di contatto diretto con gli artisti Ennio Bertrand, Andrea Chidichimo, fannidada, Diego Pasqualin, Valter Luca Signorile, Arianna Uda, Walter Visentin, che attraverso la loro esperienza creativa hanno dato vita a un momento di confronto e dibattito con il pubblico.

fd: Buongiorno, volevamo ringraziare il PAV e in particolar modo Orietta Brombin che ci ha invitato a portare la sesta puntata di "Davanti a un fiume in piena" qui al PAV.
La nostra esperienza artistica è maturata anche grazie ai workshop che abbiamo frequentato qui al PAV e che ci hanno ispirato, forse inconsciamente, ad organizzare questi appuntamenti.
Di cosa si tratta: sono degli incontri rivolti agli artisti ma aperti a tutti che si svolgono ogni due mesi circa nel nostro studio in piazza Carducci. Invitiamo degli artisti a presentare il loro lavoro o dei loro progetti sui quali vogliono confrontarsi. Non si tratta di una mostra ma di un vero e proprio momento di sperimentazione collettiva e di dialogo. Questi incontri hanno anche lo scopo di creare una rete di relazioni tra gli artisti presenti sul territorio che molto spesso non si conoscono tra loro, approfondire i diversi linguaggi con cui l'artista oggi può esprimersi ed in ultimo, ma non per importanza, stabilire un dialogo costruttivo tra l'arte e la cittadinanza.
C'è poi un'altra ragione che va oltre l'ambito artistico in senso stretto: l'urgenza di agire per generare fermenti volti ad abbattere quel senso di negatività che ci sta avvolgendo.
Ci siamo resi conto che iniziative analoghe alla nostra stanno sorgendo o sono già sorte sul territorio segno che l'arte è un forte motore e generatore di cambiamento.
E' "l'attivismo dell'azione diretta" di cui parla lo scienziato Brad Werner, studioso dei sistemi complessi presso l'università di San Diego in California.
Ed ora presentiamo i diversi artisti:



Ennio Bertrand con:  
"Paure", Telefoni interattivi per voce sola 
Testi di Giuliana Bertolo, voce recitante di Eleni Molos

Lavoro già da diversi anni sulla parola, sui racconti; ho esteso questo lavoro sul racconto ad un workshop che ho lanciato recentemente a Barriera dovo ho invitato i ragazzi tra gli 8 e gli 11 anni a scrivere delle brevi poesie sottoforma di haiku, cioè tre frasi e non di più. Credevo che la cosa fosse stata presa sotto gamba, invece nel giro di due mesi hanno prodotto più di 200 poesie, che poi sono state lette dagli stessi autori, i files delle poesie sono stati inseriti in un computer per un'installazione composta da piccole bocche di gesso che soffiandoci dentro pronunciano le poesie scritte dai bambini.
Questa installazione verrà presentata il 23 maggio alla biblioteca Levi in Via Leoncavallo.
Qui al Pav ho portato quattro telefoni, sollevando la cornetta si possono ascoltare dei brevi racconti di paura scritti da Giuliana Bertolo e recitati dall'attrice Eleni Molos.
Siete invitati ad ascoltare questa voce che viene da lontano che racconta solo per voi queste storie paurose, paure molto piccole, molto esili che fanno riferimento a dei ricordi di infanzia della scrittice.




Andrea Chidichimo


Io inizierò a "cucinare" una specie di dipinto fatto al volo attraverso una tecnica che utilizzo ormai da 14 anni che utilizza la combustione di vapori con incensi naturali, con delle resine e profumi particolari che creano un fumo, una caligine dalla quale poi emergono delle immagini su di una superficie. In questo caso il fumo si adagia sul supporto, io decido di controllare quest'azione e alle volte invece di lasciare che il caos agisca dal punto di vista sensibile del non controllo assoluto della materia pittorica che si muove.
Oggi deciderò di fare l'intervento con la caligine su di una lastra di dibond (materiale ignifugo, classe A come antiincendio), alcuni ingredienti come resine invecchianti, resine come leganti e userò un solo colore ad olio, l'ossido di ferro, che è un colore, un pigmento trasparente.
La scelta dei pigmenti trasparenti è molto importante nella pittura per quello che riguarda il mio lavoro perchè permette di vedere sempre un poco ciò che c'è dietro ed anche dal punto di vista filosofico capire per vedere ciò che c'è dietro è un aspetto che a me personalmente ha sempre interessato.
Mescolerò queste due tecniche, la pittura ad olio con i vapori di paraffina e lo farò per la prima volta all'aperto perchè io in genere lavoro nel mio studio dove l'aria è assolutamente ferma e dove posso avere il controllo assoluto di questo caos che ho generato, mentre qui all'aria aperta non so cosa succederà.
Nelle prime due ore con questa tecnica dei fumi stabilisco un primo strato dove già il cervello può cominciare a lavorare attivando le sue sinapsi e riconoscere ciò che sta dietro al fumo.
Poi con il pennello imbevuto nelle resine tolgo e metto il colore, in funzione di ciò che io vedo.
Ho usato queste due tecniche fuse insieme, quella della fuliggine con la pittura ad olio, il risultato che vedete è soltanto un risultato iniziale perchè non basta così poco tempo per realizzare un lavoro di livello con le diverse profondità, con lo studio delle cromie realizzate in maniera esatta.
In questo paio di ore solo due colori sono stati già molto complessi da gestire, anche perchè il sole scaldava l'alluminio, la resina asciugava con tempi molto rapidi rispetto al chiuso dello studio, e quindi la pennellata modificava anche il risultato.

Foto di R. Perugini
Foto di R. Perugini

fannidada


La nostra indagine verte sull'antinomia artificiale-naturale e sul rapporto che
intercorre tra i due.
Lavoriamo principalmente con il video ponendo attenzione più al processo di generazione delle immagini che alle immagini stesse filtrando il segnale video attraverso elementi naturali mettendo così in relazione l'artificiale con il naturale. Gli elementi naturali che utilizziamo sono i più diversi: acqua, terra, foglie, fiori… Per questa giornata abbiamo raccolto delle foglie del parco del PAV che utilizzeremo per filtrare un breve video.

 







Diego Pasqualin


Ho accettato la proposta di venir qui a parlare del mio lavoro, ed è per me un po' particolare perchè io mi occupo di scultura, e in particolar modo di piccole sculture esposte sotto vetro, e quindi l'idea di rappresentare all'esterno un mio lavoro è stata una sfida.
Il titolo dell'opera che ho scelto di portare è "Il tuo dir e 'l tacer di par m'alletta", è una frase tratta dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso e l'idea era quella di riattualizzare e di portare ai giorni nostri il dramma di Tancredi e Clorinda.
I miei lavori ruotano intorno alle relazioni sentimentali, all'interazione tra le persone e all'interazione con il prorprio corpo. La domanda che mi ero posto nel caso di Trancredi e Clorinda era proprio quanto siamo in grado di dare e di "vederci" in una relazione d'amore che generalmente uno dice di conoscere la persona che ama, ma in realtà loro due nonostante l'amore non erano stati in grado di vedersi perchè quando Tancredi ha chiesto all'altro guerriero di togliersi l'elmo, non è stato tolto e loro due non si erano riconosciuti. Per questo motivo nelle maschere gli occhi sono stati coperti. Tancredi chiede il nome all'altro guerriero e l'altro si rifiuta di dirglielo e quindi neanche le voci hanno permesso di riconoscersi e l'epilogo ovviamente è drammatico, perchè nella lotta violenta uno ferisce a morte l'altro e fondamentalmente la loro relazione d'amore muore in questo dramma. Questa è la storia che sta dietro a questo lavoro.
Le maschere sono realizzate con un materiale che io uso in genere per le mie sculture, si chiama "Rodoid" un acetato naturale usato generalmente nell'occhialeria di lusso. E' ottenuto dalla lavorazione del cotone, fatto passare attraverso delle calandre, viene impastato con dei solventi e dei pigmenti naturali. Ogni mio lavoro resta unico nel vero senso della parola perchè ho la possibilità di attingere all'archivio storico dell'azienda che mi lascia quello che per loro sono dei fondi di magazzino ma che fondamentalmente sono le uniche e le ultime lastre di quella collezione, perchè loro lavorano con l'alta moda e di conseguenza producono un numero limitato di lastre per gli stilisti.
Questo lavoro delle maschere è l'unico lavoro che ho realizzato con il calore, perchè in realtà questo materiale teme il calore, non è infiammabile perchè evaporano gli acetoni che sono all'interno e se evaporano troppo in fretta tende a bruciarsi e quindi perde il suo colore e le sue caratteristiche. E' un materiale che necessita molta attenzione alla lavorazione. Io in genere incollo le diverse lastre una sull'altra tramite acetone, le lascio in morsa per diversi giorni per ricreare un blocco unico e poi di lì con lima e raspe intervengo e creo le mio opere.




Valter Luca Signorile, in una performance dal titolo:
"Je ne serai pas seul tant que tu me couvriras"



 La performance reca il titolo "Je ne serai pas seul tant que tu me couvriras", vale a dire "Non sarò solo fin tanto che  tu mi coprirari".
Sono giunto alla sua concretizzazione a seguito di una riflessione su alcuni scritti di Ernesto De Martino (1908-1965) etnologo nonché filosofo, ed in particolare rivolgendo la mia attenzione alla sua tesi concernente la “crisi della presenza” ed alla funzione del rito in tale contesto. Attraverso il suo pensiero ci viene raccontato come l'uomo, di fronte a determinati avvenimenti di forte impatto quali possono essere una malattia, una morte, una guerra possa ritrovare attraverso il rito un elemento di soccorso e di aiuto. Interessanti inoltre sono i suoi studi sull’elaborazione del lutto e del pianto rituale con particolare riferimento alle ricerche nell’area mediterranea.
Traendo pertanto suggerimento dalla profonda contemporaneità di tali riflessioni ho proposto nello specifico un rituale riunendo elementi diversi in un unico schema performativo.
Il filmato di un urlo elaborato attraverso l’ascolto di un’altra voce urlante, il corpo abbandonato a terra che induce ad una reminescenza sia del sonno che della morte ed infine una composizione dorata composta da 49 coperte isotermiche ancora ripiegate e che esemplificano nel numero la mia età anagrafica.
Il pubblico in questo contesto, soddisfa il compito principale vale a dire quello di intervenire sul corpo attraverso la copertura, posando su di esso i drappi dorati ed accompagnando l’azione con le proprie personali e collettive reazioni emotive, mutate nel tempo come ho avuto modo di percepire nell’avvicendarsi del mio stare immobile sino al completo svolgersi del tutto.

Foto di R. Perugini

Foto di R. Perugini

Arianna Uda, in una performance dal titolo:
"Connessioni fischiate"



Questa performance è nata semplicemente dall'osservazione della realtà, ha diverse sfaccettature. La prima è che la musica si fissa nel nostro inconscio senza che noi ce n'accorgiamo o che lo vogliamo. Il fischio crea queste connessioni tra le persone. Oltre ad essere una connessione tra le persone il fischio viene ripetuto e questo si ripete all'infinito.
La mia azione è anche un invito a prestare orecchio alle altre persone e in questo modo tutti possono diventare potenziali artisti. La persona che fischietta per strada può essere un potenziale perforrmer oppure no, quindi questa interazione tra la realtà e l'arte può anche condurre alla conclusione che l'arte diventa realtà.


Walter Visentin con Drawing Room
 

Ho portato qui al Pav una mia installazione del titolo "La macchina per immaginare", è una costruzione dove ci si può salire, si può immaginare. E' composta da materiali di recupero come solitameante faccio, raccolgo materiale qua e là, infatti il video che vi farò vedere riguarda sopratutto questo argomento cioè, il materiale e il lavoro di recupero. Questa "macchina per immaginare" è una scultura utilizzabile presentato insieme ad un gruppo nel 2009 a Venezia alla Biennale durante un progetto parallelo ai Giardini. Poi il progetto continuerà, nel senso che questa macchina seguirà ed andrà a raggiungere altri artisti che utilizzano il disegno. In realtà l'ho fruita in varie forme, è un oggetto che mettendolo all'aperto a disposizione di chiuque attira e crea nuove relazioni, inaspettate  relazioni. Una delle ultime volte l'ho portata a Marsiglia ed anche qui, per strada, è stato molto interessante vedere come le diverse persone si relazionassero con questo oggetto. I miei lavori tendenzialmente sono sculture che accolgono l'uomo, è un'esigenza di cui avevo bisogno per aggiungere all'opera la possibilità di essere letta non dal di fuori ma dal di dentro di essa. Permettere di entrare nell'opera e guardare il mondo attraverso a sè, attraverso questa materia.
Nel video vi faccio vedere "La casa albero" che è una collezione privata a Torino, in questo video si vede bene il materiale che utilizzo nello specifico le difficoltà di questo tipo di costruzione. Solitamente ricostruisco lo spazio dove devo intervenire con dei modellini in scala ridotta, con l'albero non era possibile in quanto era complesso creare un modello, per cui non ho fatto altro che rimanene nei paraggi dell'albero per 6 mesi, stando su cercando di costruire una rete che andasse ad incastrarsi con le parti dell'albero. La prima fase è quella della ricerca del materiale che solitamente avviene nelle zone periferiche, discariche naturali spontanee, in quel margine di città sempre in continuo cambiamento, spostamento che non è mai un limite preciso che convive con diverse persone. A me questa fase interessa perchè porta ad una metamorfosi, per me è di grande stimolo questo passaggio. L'oggetto perdendo significato, si antropizza e diventa materia allo stato puro. Poi mi sono concetrato sui volatili, prendevo dei pezzetti e li portavo sull'albero montandoli con cura, questa costruzione è durata una anno. Ho usato materiali diversi sia il legno, che la plastica e il ferro, per situazioni diverse, ho fatto uno scheletro di legno molto resistente, poi ho utilizzato porte e finestre per le "pareti" e le plastiche e il metallo per ciò che riguarda la copertura. Un'altra fase è quella di progettare quasi totalmente l'oggetto che voglio ma non posso farlo fino in fondo perchè non saprò il materiale che troverò per quella costruzione, mi lascio una parte che è di pura improvvisazione.
Per questa costruzione non ho usato nessun perno, ho costruito una rete da me composta che va ad incastrarsi in piccoli punti opposti all'apertura del palco dell'albero per cui rimangono come due reti una dentro l'altra, come maglie che restano ingabbiate. Poi ho fatto solo un perno centrale in modo che tutta la mia struttura possa muoversi per limitare il meno possibile il movimento dell'albero...tanto vincerà lui!
Questo fa sì che la mia struttura non vinca, in modo che non ci sia opposizione, non voglio mettere un oggetto che limiti la sua crescita.