mercoledì 1 ottobre 2014

Davanti a un fiume in piena #8
in occasione della X Giornata del Contemporaneo
11 ottobre 2014

sabato 11 ottobre 2014

si è tenuto nel nostro studio di Piazza Carducci 130
l'ottavo appuntamento
di "Davanti a un fiume in piena"


Gli artisti invitati erano: 

Franco Ariaudo, Mattia Macchieraldo,
Paolo Leonardo, Cosimo Veneziano.


Al termine dell'incontro sono stati proiettati in anteprima alcuni video registrati il 6 e il 7 giugno per "Davanti a un fiume in piena #7 Bike Edition @ AccaAtelier".

Ecco i diversi interventi della giornata:


Faccio una breve presentazione: sono nato e cresciuto nelle campagne cuneesi, mi sono formato all'Accademia di Firenze, ed ora vivo tra Torino e...dove mi serve, anche se Torino, da una decina di anni, è la città che considero come casa. Faccio progetti artistici che qualcuno potrebbe definire "concept specific", che non è altro che il buon vecchio “site specific” che oltre a misurarsi con uno spazio precostituito, il lavoro si  misura anche con il tempo, ma sopratutto con un contesto determinato. 
Questo suscita tutta una serie di dinamiche piuttosto interessanti ma anche complesse, soprattutto nella fase di presentazione pubblica degli esiti del progetto, perchè ci sono delle premesse da fare che servono per introdurre degli aspetti specifici di un luogo, di una realtà sociale, con i quali il progetto si è  andato a misurare. 

Le mie ricerche trovano quasi sempre una soluzione formale in quello che può essere performance e installazione. In genere la forma restitutiva del progetto non viene stabilita a priori... alla fine può venir fuori un disegno, un dipinto, una scultura, un libro o…anche niente! Questo modo di lavorare ha degli aspetti per me interessanti, come ad esempio il fatto di avere una possibile cooperazione con altri soggetti: in primis sul livello tecnico-pratico (quello che io non sono capace a fare lo devo affidare nella fase di produzione a delle maestranze). Spesso avviene inoltre che questi soggetti intervengano anche sul piano intellettuale, quindi può entrare in scena qualcuno proveniente da un altro settore perchè magari il progetto che si sta sviluppando suscita il suo interesse... un antropologo, un sociologo o a un... cuoco! 
Questo credo dipenda dal fatto che l'artista visivo, forse più di altri, abbia la capacità e sopratutto la libertà, e la leggerezza (che non sempre è un male), di poter intercettare dei “segnali”, e nella restituzione del progetto e nella decodifica di questi segnali ha la necessità di avvalersi di altre persone che lo aiutino nella lettura. Uso il termine "restituzione" non a caso, ma perchè secondo me è una parola particolarmente felice per descrivere quello che è il ruolo dell'artista visivo, e forse anche un po' il suo dovere, ovvero che l'artista, attraverso la formalizzazione del suo lavoro, compia un'operazione su un qualcosa che non solo gli appartiene, ma appartiene a tutti.

Ora vi illustrerò un mio lavoro che in teoria dovrebbe reggere, rispondere positivamente a tutto ciò che ho premesso!
 
E' un lavoro recente.
Questo progetto è ancora in una fase in divenire, nasce all'interno di un'iniziativa dal nome "Local Art" promossa dalla Cassa di Risparmio di Cuneo, coordinata dall'associazione Art.Ur e curata dall'amico Claudio Cravero.  Questa iniziativa consiste nell'invitare artisti nati o residenti o operanti sul territorio di Cuneo a presentare un'opera.
Io in generale non ho mai opere belle e pronte, ma in questo caso non ho potuto resistere alla tentazione di pensare a qualcosa ad hoc per la città di Cuneo, (che poi è la mia città natale). Aggiungo un'altra cosa interessante, relativa al fatto che l'amministrazione cuneese considera come punta di diamante degli “eventi culturali” della Provincia Granda, la Fiera Internazionale del Marrone, ovvero la sagra della castagna di Cuneo. La mia idea è stata di intervenire su questo contesto, partendo da delle strutture che ho visto proprio alla Sagra della castagna, che sono pensate per poter cucinare le caldarroste in maniera molto copiosa. 
Foto Franco Ariaudo
Foto Franco Ariaudo
Questo, per me, era una sorta di apparato performativo molto interessante e suggestivo. Quindi è proprio sulla capacità di cucinare le caldarroste che si è soffermato il mio intervento. Siccome l'evento della sagra della castagna è il momento “culturale” cardine, almeno per l'amministrazione cuneese, ho pensato ad un sistema per poterlo portare ai massimi livelli, in modo che le generazioni future avessero modo di crescere con un'"abilità" e una tecnica e una prestanza fisica adatta per svolgere questa attività, quella di cucinare le caldarroste, anche in futuro. 
Ho iniziato così a fare ricerca ed ho individuato l'esistenza di alcuni attrezzi ginnici nei parchi cittadini, sorte di palestre pubbliche che servono per fare fitness gratuitamente nello spazio pubblico.
Foto Franco Ariaudo
Foto Franco Ariaudo

Ho pensato di coniugare queste due cose, la palestra e il cucinare caldarroste, e ciò che ne è venuto fuori è questo strumento, una sorta di scultura che si chiama "Mundaj Public Gym Gear" (MPGG) , con Mundaj si intendono le caldarroste in piemontese. 
Foto Franco Ariaudo
C'è una fase del lavoro ancora in divenire, infatti è basilare in questo progetto che questo lavoro trovi una collocazione nello spazio pubblico in un parco di Cuneo.
La cosa che interessa a me è che poi, in fondo,  questa "macchina" essenzialmente non serve a niente. Infatti per cucinare le caldarroste non è necessario un potenziamento muscolare...anche i bambini non sanno bene come utilizzarlo, sono attratti dal colore, lo scambiano per un'altalena, ma poi perdono subito il loro interesse...così gli adulti, danno due "spadellate", ma poi tutto finisce lì. 
Ciò che sta alla base di tutto ciò, oltre all'aspetto ironico o di provocazione che ne può venir fuori, è l'idea di questo oggetto collocato in uno spazio pubblico e, siccome è una macchina che non ha futuro nel suo utilizzo, non verrà mai utilizzato. 
Mi piace dunque pensare che questa struttura, che non nasce come monumento, col passare del tempo, lo possa diventare.




Mattia Macchieraldo:

Video su YouTube dell'intervento 

Foto Domenico Olivero
Dal 2010 lavoro in coppia con Flavio Palasciano che vive a Vienna. Avendo condiviso lo studio per qualche anno e una volta che ci siamo accorti di basare il lavoro sulle stesse tematiche di fondo è venuto naturale provare a lavorare insieme. Inizio con il presentare il primo lavoro realizzato con Flavio che è stato creato in concomitanza di un concorso d’arte a Rivarolo che aveva come tema l'identità. Il titolo, che continua ad essere provvisorio, è Homo Sapiens Sapiens; in questo lavoro si vuole mettere lo spettatore, il fruitore in una posizione di spaesamento: a livello pratico, si entrava nella sala e si vedeva una proiezione su di un paravento. Nel momento in cui si entrava in questa sorta di confessionale il proprio volto veniva sovrapposto ad uno specchio con una serie di personaggi che abbiamo scelto, prendendo spunto da citazioni letterarie, o eventi particolari. Ad esempio, in quel periodo, erano passati pochi mesi dall'attentato in Norvegia da parte di Anders Brevik e il suo volto era uno di quelli presenti nella carrellata di immagini proiettate, con altri personaggi, da Pirandello a Lombroso, etc. Il gioco di proiezione/rifrazione era possibile interponendo un semplice specchio tra spettatore e proeittore creando una rifrazione sullo specchio e quando c'era un'immagine frontale, situata ad un'altezza media, lo spettatore si trovava quasi accecato ma non riusciva più a riconoscere il proprio volto perché sovrapposto alla proiezione di un altro volto. Avevamo scelto 80 personaggi posti su un proiettore Carosuel, immagini di dittatori, autori di genocidi. E' comunque un lavoro in fase di riprogettazione, soprattutto dal punto di vista allestitivo.
Passiamo ad un altro lavoro, "This world is too small for us: possibilities and broken hopes”. Questo ciclo di lavori ha molte sfaccettature. Era un periodo, e lo è ancora, in cui eravamo appassionati di geografia, di mappature di ogni tipo, di cartografie. Venuti a conoscenza della storia di Percival Lowell abbiamo deciso di creare una serie di lavori partendo da lui. P.L. era un magnate americano di fine '800 appassionato di astronomia, che si era fatto costruire un osservatorio, il più grande all'epoca negli Stati Uniti. Lowell si autoconvinse che ci fosse vita su Marte a causa di un errore di traduzione in inglese di Schiapparelli della parola "canali": il termine fu tradotto con il termine "canal" anziché “channel”; “canal” sottintende un lavoro di manufatto, fatto dall'uomo e da qui lui ha cominciato a fantasticare su una papabile esistenza di vita su Marte passando anni della sua vita all'interno dell'osservatorio a mappare Marte. 

Scrisse diversi libri, il più importante “Mars and its canals” dove ci sono tutte le fotoincisioni dei disegni originali. Questa tesi è comunque durata pochissimo perchè venne bocciata poco tempo dopo.
Questo errore umano ha dato inizio a questo ciclo di opere che si divide in più sottoinsiemi. L'installazione che è nata da questa idea può essere implementata, può essere interpretata come una serie di elementi che funzionano in diversi sistemi installativi ed è in una continua evoluzione. Le vasche che vedete contengono sale cristallizzato, ottenuta dall'evaporazione di acqua salata sollecitata con fari, piastre riscaldanti. Questa parte dell'opera è quasi totalmente scenografica. Ne viene fuori un discorso scenografico/estetico perchè queste superfici viste da vicino a volo di uccello possono ricordare i pack ghiacciati, dei deserti ghiacciati. Nell'antichità l'Antartide era stata considerata per poco tempo la cosiddetta Arcadia, poi rivelatasi tutt'altro che un paese ospitale. Lo stesso contrasto/gioco tra Arcadia e utopia era un elemento che ci divertiva molto. Vicino alle vasche abbiamo accostato una fotografia a rievocare un paesaggio marziano, in realtà l’immagine che vedete non è che un fake, creata fotografando in un certo modo un certo oggetto - questa in particolare è un particolare di un lavoro di Kiefer ai Magazzini del Sale di Venezia - . Da lì abbiamo iniziato a "giocare" sul fatto di come può essere percepito un determinato particolare. Possiamo ad esempio usare anche una semplice lamiera che era stata battuta e poi corrosa, qui con il sale, per utilizzare poi lo strumento fotografico, come inganno per eccellenza, per fare una nostra speculazione a livello spaziale sempre geografico.
La ricerca è nel nostro lavoro uno step non imprescindibile ma quasi; quando troviamo il nostro eroe romantico da una parte oppure una storia divertente dall'altra o vediamo ciò che è stato già fatto c'è subito un primo tentativo di rielaborarlo secondo il nostro gusto personale. 

Ciò che ha dato vita a questo ciclo (Possibilities) è stata anche la scoperta di due fotografi non professionisti ottocenteschi: James Hall Nasmyth e James Carpenter che fecero dei modellini della luna nell'800 e la fotografarono. Da qui è nato il primo ciclo di "Possibilities" formato da stampe d'arte, incisioni calcografiche, litografie, fotografie analogiche in B/N. Queste ricordano delle viste satellitari. Abbiamo fotografato in studio, il tutto ripreso dall'alto, delle vasche di acqua colorata, contenenti delle strutture che abbiamo conformato con del talco idrorepellente, come una sorta di ghiacciaio.

Vi dico ancora due parole su un video che sarà poi in mostra all'osservatorio di Pino Torinese.
Parliamo di un altro "eroe", di Felix Baumgartner, protagonista di un’operazione mediatica sponsorizzata da RedBull e in diretta mondiale. Quindi, il 14 ottobre 2012, il paracadutista austriaco si lancia da quasi 39.000m. La velocità massima raggiunta durante la caduta, 1.357,64 km/h, è superiore a quella del suono. Baumgartner conquista il titolo di uomo più veloce in caduta libera. L’opera è un estratto dal video di quel lancio. Il paracadutista è filmato dalla Terra mentre attraversa la stratosfera, immagini dove non è riconoscibile. Il salto, durato in verità pochissimi minuti, prende la forma di una danza pigra e incomprensibile, mentre l’immagine del nuovo eroe, pronto a sfidare la natura, si trasforma in una piccola sagoma sfocata che si sposta nervosa sulla superficie della cupola.

Paolo Leonardo:

Video su YouTube dell'intervento 
 




Cosimo Veneziano:

Video su YouTube dell'intervento

Foto Domenico Olivero
La mia metodologia di lavoro è in parte processuale, quindi i lavori che vi illustro sono frutto di complessi processi.

Il primo progetto che presento è durato circa due anni, successivamente presentato in una mostra personale presso lo spazio Careof DOCVA a Milano.

Il progetto nasce da una colletiva presso il museo PAC di Ferrara, frutto di una mia indagine su alcuni lavori presenti nella collezione del museo firmati da artisti con un buon inizio di carriera. Per svariate ragioni, tuttavia, questi artisti nel tempo sono stati inglobati in circuiti di minore peso culturale e progressivamente sono scomparsi dalla storia e dal mercato dell'arte.

In seguito all'intervento, ho avviato un dialogo con il curatore Denis Isaia per approfondire i meccanismi di genesi e consolidamento degli ecosistemi dell'arte contemporanea. A partire dalle considerazioni che sono emerse e dalle ricerche effettuate, è nata una “mappa madre” raffigurante una sintesi dei meccanismi e delle norme che hanno determinato il valore nella storia dell'arte.

La mappa è stata completata da uno slide show dedicato ad alcune icone del progetto: foto di gruppo di artisti che hanno creato manifesti o correnti artistiche, foto di artisti vincitori di premi di minore caratura, immagini di allestimenti, scatti rubati durante gli opening.

SUSANNA MESSAGGIO premiata 1986

TERRUSO,DECCA,GAULI e  modelle  1983

TONO ZANCANARO e modella 1983


L'insieme del materiale è stato proposto come base di un workshop sviluppato con le scuole partner del progetto: il Liceo Artistico Caravaggio di Milano, il Primo Liceo Artistico di Torino, il Liceo Artistico Bruno Munari di Cremona. Agli studenti, dopo un'introduzione, è stato chiesto di destrutturare e ricomporre la “mappa madre” a seconda delle loro conoscenze e soprattutto dei loro desideri.

Ciò che è emerso è un vero e proprio atlante, reale e ipotetico, della storia sociale dell’arte, nonché una mappatura a volte naif, altre volte spiazzante, dell'esercizio ipotetico di un’istituzione culturale. Di Riflesso Cattedrale (il titolo è tratto dall'omonimo racconto di Carver in cui un cieco descrive una cattedrale), rivela agli occhi degli studenti un impianto istituzionale scarsamente aperto alle emozioni, che persegue scopi democraticamente nebbiosi, incapace di realizzare i suoi sogni.




Il progetto Cattedrale  riflette anche sulla metodologia,  nella maggior parte dei laboratori che in genere vengono svolti all'interno dei musei,  in cui ci si basa sul concetto del "fare" e non di  “pensiero”.  Ho chiesto alle classi partecipanti del progetto di partire dalle parole chiavi della mappa, e  di aggiungerne altre,  come vedevano questa partenza e come si immaginavano una progettazione di un sistema dell'arte o di un sistema culturale, come  pensano  e immagino il settore  delle arti visive. 

Dopo una prima tappa presso il Crac di Cremona, ora a Careof DOCVA Cattedrale sviluppa nella sua integrità il percorso che ha dato origine all’intero progetto (il materiale di ricerca, le mappe sviluppate durante i workshop, i testi) e apre una finestra sulla pubblicazione serigrafica a venire che conterà una sintesi delle mappe restituite dagli studenti a cura di Cosimo Veneziano.
Le pubblicazioni in serie limitata sono state donate alle scuole partecipanti.

Il progetto Cattedrale  riflette anche sulla metodologia,  nella maggior parte dei laboratori che in genere vengono svolti all'interno dei musei,  in cui ci si basa sul concetto del "fare" e non di  “pensiero”.  Ho chiesto alle classi partecipanti del progetto di partire dalle parole chiavi della mappa, e  di aggiungerne altre,  come vedevano questa partenza e come si immaginavano una progettazione di un sistema dell'arte o di un sistema culturale, come  pensano  e immagino il settore  delle arti visive. 

Il monumento creato sotto la commitenza del comune di Edolo dove ha indicato l'area di lavoro, due cedri del libano tagliati per motivi di sicurezza stradale, parte dal analisi di tre fondi fotografici storici privati. Dai fondi fotografici sono state tratte le immagini che descrivono la storia del paese, concentrando la ricerca principalmente sulle architetture, simbolo della stratificazione storica del paese. Inciso solo il primo strato, andando a ricreare una colonna coclide, la parte fondamentale del lavoro e la superficie scolpita, un albero vivo. Il progetto intende lavorare sul tempo del monumento.
Un tempo “limitato” che cambia la stessa struttura del monumento andando a ribaltare il concetto di temporalita presente nelle strutture monumentali.
Il lavoro è stato realizzato con il supporto tecnico della scultrice Milena Berta.



Progetto Diogene:

Video su YouTube dell'intervento



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